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CHIESA E TORRE DI SAN GIACOMO
Di antichissima origine, era la chiesa “San Nazario” di “Cerretum”. Secondo il Porta la ricostruzione può ricondursi all’anno 1040. Prima del secolo XVII, era più importante di San Pietro in Vincoli (vedi scheda). La chiesa aveva due altari laterali oltre a quello maggiore, non aveva una stanza per la sacrestia ed attiguo ad essa esisteva il cimitero. Nel Settecento possedeva soltanto l’altare maggiore e l’aspetto era pressoché lo stesso dei secoli precedenti. La decorazione interna era ricca e pregiata. Il soffitto ben dipinto ed il coro, piccolo e in forma semicircolare, era decorato con pitture e mosaici antichi. Nel 1868 si attuarono drastici rifacimenti che soppressero le antiche bellezze, dandole una nuova volta, un nuovo altare ed una nuova facciata. Per realizzare quest’ultima si abbatté il vecchio coro. L’antica facciata era ancora presente a ponente, ovvero nell’attuale retro della chiesa e conserva tracce di affresco raffigurante San Cristoforo, riconducibile alla metà del Trecento. Il campanile a pianta quadrata è un bel monumento in stile romanico. La chiesa aveva originariamente ingresso a monte e l’abside rivolta a valle secondo la consuetudine medievale che concretizzava le teorie teologico-architettoniche che prevedevano le absidi rivolte normalmente a oriente. L’antica facciata, che ancora si può vedere a occidente, è suddivisa da lesene in cinque scomparti; nella parte superiore le lesene sono collegate da due archetti pensili e tale disposizione induce ad attribuire la chiesa e il relativo campanile al secolo XI. Anche i fianchi sono suddivisi da lesene che intervallano con una serie di quattro archetti con cornice in laterizio. Un autorevole studioso, il Porter, si soffermò sulla chiesa di Tavernette e pur non compiendo uno studio particolareggiato, ha suggerito il 1040 come anno di realizzazione dell’edificio. Eugenio Olivero conferma tale data con una base documentaria indiretta poiché si rifà a fondazioni e donazioni di edifici religiosi avvenute in zone limitrofe negli anni immediatamente precedenti o successivi. L’interno è completamente intonacato e sempre secondo Olivero, che la vide negli anni ’30 quando i muri erano scrostati, si poteva ancora vedere la disposizione a spina di pesce del materiale costruttivo ed alcune tracce di affreschi quattrocenteschi, ossia una Madonna col Bambino, due Angeli e una Pietà, sennonché alcune tracce di motivi decorativi sottostanti e quindi più antichi. Quando la chiesa fu studiata dall’Olivero “La volta che non apparteneva all’originaria costruzione della chiesa era caduta ed ingombrava il suolo” e ciò induce a pensare che l’attuale copertura a capriate lignee sia opera realizzata recentemente. Ora la chiesa è spoglia e disadorna; resta solo l’altare maggiore con alle spalle il recente dipinto dell’Ultima Cena eseguito dal pittore cumianese Riccardo Gontero. La torre campanaria ripete fedelmente il tipo di campanile romanico diffuso nel territorio piemontese ed è costituito da muratura in pietrame sufficientemente curato e da quattro lesene angolari realizzate in blocchi di pietra di media grandezza e accuratamente squadrati. L’intero tessuto murario in pietrame è talvolta interrotto dalla presenza di pochi elementi in laterizio, le cui misure fanno pensare a mattoni appartenenti all’edilizia romana che fu sicuramente presente nei dintorni. La pianta del campanile è quadrata e la sua altezza è suddivisa in cinque piani che esternamente sono evidenziati da semplici cornici orizzontali a piccolo sbalzo e sostenute da beccatelli in pietra. Al terzo piano una cornice composta da blocchi di pietra e mattoni sistemati a dente di sega, conferisce un’evidente accentuazione chiaroscurale all’insieme. Le finestre dei primi piani sono semplici feritoie rettangolari con evidenti strombature della muratura all’interno. Una di esse è simile ad una monofora, ossia è caratterizzata nella parte superiore da un archetto ricavato in un solo blocco di pietra. Il penultimo piano presenta, sui quattro lati, resti di bifore di grosse dimensioni; una di esse conserva ancora la colonnina centrale con il capitello a stampella, mentre le altre, in luogo di tale elemento, hanno come sostegno dei due archi, tozzi pilastri in pietrame, realizzati probabilmente nei tempi in cui si manifestarono i primi crolli, per porre rimedio a quanto era ancora possibile salvare delle parti superstiti. Si trattò di un primo e grossolano tentativo di restauro e viene da pensare che all’interno di tali sostegni siano contenute le antiche colonnine. All’interno del campanile le mura hanno la stessa irregolarità già riscontrata all’esterno e in prossimità dei vari piani presentavano delle riseghe che consentivano l’appoggio dei pianerottoli oltre che l’alleggerimento degli spessori murari. E’ assente qualsiasi traccia di collegamento verticale, ma certamente scale e pianerottoli erano presenti. Si esclude innanzitutto l’ipotesi di scale in pietra poiché non si rilevano innesti nelle mura perimetrali; probabilmente erano scale in legno a collegare i piani.
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